Fulvio Abbate

Fulvio Abbate

E qui il discorso si fa implacabile per chi non s’è accorto subito della sua grandezza: in assenza d’altri eroi a tutto tondo è esattamente uno come il Califfo a rendere possibile ancora adesso la memoria di ciò che Pier Paolo Pasolini definiva il «germe della storia antica». In che modo? Anche quest’altra cosa è presto detta: con la sua irregolarità, con la sua «impresentabilità», in questo modo Califano mantiene in vita una idea del mondo che altrove, presso i suoi colleghi omologati allo show biz così come si è ormai definito, non ha più diritto d’esistenza. C’entrano le canzoni, certo, ma influisce anche e soprattutto il modo in cui uno come Califano ha scelto di porsi, ovvero lontano dalle buone maniere del perbenismo (borghese o piccolo-borghese fa lo stesso), lo guardi, lo riguardi e trovi la quasi certezza che presso di lui sopravviva un sentimento pagano, dionisiaco, rionale, condominiale, altrove messo a tacere, cancellato, ritenuto addirittura pericoloso rispetto alla finzione cui si è ormai ridotto il mondo dello spettacolo. Per queste ragioni, ciò che un tempo sarebbe sembrato orribile oggi è invece un segno di resistenza all’omologazione. Ecco perché il germe di cui parlava Pasolini sopravvive nel talento di un uomo detto il Califfo

Questo articolo, per quel che vale, vuole dunque avere il valore ufficiale di una «riabilitazione». Vai, Franco, il mondo adesso è tuo!

Fulvio Abbate, scrittore

Date

2006

Category

Testimonianze